Angelo…ti scrivo
qui. Questo spazio è stato il tuo e il nostro teatrino per anni.
Lo apristi con
Antonio, e dopo poco tutti insieme trovammo il nostro speciale modo di
raccontarci.
Altri parlavano di
montagna, Dio, sublime, meraviglioso…
Noi il sublime ce
lo siamo portati dentro. La montagna è sempre stata per noi bellissima, e ci ha
unito. Ma non usavamo aggettivi.
Ci siamo divertiti
come bambini. Della montagna abbiamo fatto una saga, e abbiamo scritto i nostri
personaggi da armata brancaleone.
Così abbiamo
accompagnato il piacere della montagna a quello dell’amicizia, e al
divertimento dei racconti dei “Cavalieri della Polvere”.
Poi a marzo te ne
sei andato via.
Per mesi sono
rimasto senza parole, tutti i racconti svaniti. Incredulo.
Ora finalmente ci
sono riuscito. Sono riuscito a ritrovare la parola, per dedicartela.
Questa piccola
fiaba è per te, grande amico mio.
Silvio
Se ne andava il Cavaliere Nero su una
cresta di neve candida scintillante.
Quel giorno il cammino era affollato di
cavalieri variamente colorati, e ciascuno al passaggio si istradava sulla sua
traccia, la traccia disegnata sulla polvere di neve bianca dal Cavaliere Nero.
Fu così che nacque l’armata dei Cavalieri della
Polvere.
Ogni armata richiede un alto comando. La lotta
per il potere fra i cavalieri fu furibonda, e dopo due minuti la scelta fu
fatta: un piacente e compiaciuto cavaliere fu elevato al massimo rango, e
nominato “Pontifex”.
Il Pontifex celebrava continue e sontuose
cerimonie per la sua eterna gloria fra cavalieri acclamanti...nel mentre il
primo cavaliere, il nero cavaliere, continuava a battere traccia sulla neve
candida, seguito dai variopinti colleghi.
Il Cavaliere Nero nella vita a valle era un
guerriero, e combatteva per difendere il regno da malfattori e bande di pirati.
Un guerriero temuto, tutto d’un pezzo, bravo,
astuto…il terrore dei suoi nemici. Era rispettato dai colleghi guerrieri, che
ne avevano al principio un po’ soggezione e poi capivano che sotto la scorza
dura e scura, era un compagno di battaglia prezioso, attento, premuroso.
Un giorno una collega appena arrivata, in
armatura rosa e trucco sull’elmo, si sedette sulla sua scrivania. Il Cavaliere
Nero seccato disse solo: “SI ALZI COLLEGA”. La collega capì e divenne fra i
suoi più fidi aiutanti.
Il Cavaliere Nero combatteva i Fon, la tribù
nomade più stanziale del mondo. Pure i cavalli dei Fon erano diventati tanto
stanziali da stabilirsi sui balconi delle loro case. Ma combatteva pure i
mercanti di pozioni, i mercanti di voti, i mercanti di donne…
I nemici del Cavaliere Nero erano preoccupati,
cominciarono a brigare per scoprire il segreto della sua forza. Accadde, cosa
mai avvenuta prima, che le diverse tribù e bande nemiche del regno, che erano
ancor più nemiche fra loro, cominciassero a parlarne, e a tramare insieme
contro il Cavaliere Nero.
Insieme decisero di spiare l'implacabile
Cavaliere. Rimasero anni a osservarlo mentre era al lavoro, e mandava all’aria
i loro piani. Ma non ne cavavano segreti né debolezze.
Poi un giorno, pensando che partisse in missione,
lo seguirono fino alla base di un alto monte. E lo osservarono mentre si
preparava all’ascensione con una colorata legione di cavalieri.
Arrancarono per spiarlo mentre saliva veloce.
Poi si scapicollarono mentre volava e volteggiava sugli sci in discesa.
Lì capirono… il Cavaliere Nero aveva un magico
potere: sapeva tornare bambino. Con gioia pura e senza pensieri, giocava nella
polvere di neve, scendeva veloce sciando perfetti ricami, con eleganza
naturale, imperturbabile nella fatica. O saliva con grazia e leggerezza su
pareti verticali e sull'orlo di abissi. Il Cavaliere Nero sui monti innevati
tornava bimbo, lasciava a valle ogni pensiero, diventava neve con la neve,
cielo con il cielo, e gioiva di una gioia purissima che solo i bimbi sanno
provare.
Su quei monti innevati vivevano la Fata
Cristallina e i suoi aiutanti, i Folletti Accadueò. I Folletti sono quei
granellini di luce che brillano al sole sulla neve, loro sono la pura polvere
di neve. La Fata è la loro regina. È brava, è buona, e veste delicatissimi
abiti di neve e luce.
La Fata si accorse delle magiche trasformazioni
del Cavaliere, e pensò e ripensò a come celebrarlo.
Intanto a valle i Fon consultarono l'Oracolo
che sentenzio': "Nessuno e' più grande di chi sa tornare piccolo". E
non furono i Fon, né i mercanti del male, ad averla vinta sul Cavaliere Nero.
Ma un giorno un morbo aggredì il Cavaliere e
cominciò a consumarlo.
La Fata Cristallina lo seppe, e scatenò tutti i
suoi Folletti contro il Morbo. E una notte in cui i pendii innevati brillavano
bianchi sotto la luna la Fata fece rapire il Cavaliere Nero, lo sfilò al morbo
e lo accolse nel bianco popolo della neve, a giocare per sempre con la sua
gioia eleganza e serietà.
Sarà per questo che ogni volta che alziamo lo
sguardo su un monte innevato, lo vediamo. Vediamo Angelo, il Cavaliere Nero,
disegnare ricami scendendo il monte, seguito da stuoli di Folletti ora
diventati sciatori. E lui, novello maestro di sci, gridarci ebbro di gioia:
"Cavalieri!!"