La sorellina, come già era successo per un fratello, aveva l’aspetto di un’ alpinista… curda. Colbacco (un po’ pesantino per la circostanza), pantaloni da tuta (un po’ leggerini, poi rafforzati da altra tuta prestata al volo e indossata sopra, e sigillati in basso infilandoli nei calzini)… però ha marciato alla grande, e senza alcun segno di stanchezza!
Dalla grande croce che si trova poco più in basso della cima del Vettore, si piega verso est. Noi abbiamo raggiunto a vista la cresta che termina con “Il Pizzo” (ma c’è il sentiero 131 che arriva sulla cresta). Il paesaggio è molto suggestivo e sprofonda verso il “Grande Imbuto del Vettore” , anfiteatro ampio e profondissimo, una classica sci-alpinistica. E poi i pendii erano infiocchettati in modo un po’ bizzarro da “rose” di ghiaccio:
Siamo tornati a valle felici per questo tour, con viste vertiginose nel cuore dei Sibillini, dopo aver percorso circa 12 chilometri e 1200 metri di dislivello.
Torno un attimo alla Croce Zilioli.
Si trova ad una quota relativamente bassa, 1900 metri, praticamente a vista di Forca di Presta. Eppure lì morì Tito Zilioli. Ho letto qualcosa su questa tragedia.
Il 30 marzo 1958 Tito compie con Pinetta Teodori, Claudio Perini e Francesco Saladini, la prima ripetizione invernale della via del canalino al Vettore. Procedono in due cordate in una giornata freddissima. Comincia a nevicare e tira vento forte. Vengono sfiorati da un paio di slavine. Tito ha qualche esitazione e “blocco” già in salita, ma nulla che faccia a pensare alla tragedia che seguirà. Alle diciassette sono in vetta. Ma già all’uscita della via sono sferzati da un vento furioso e ghiacciato. La discesa è un calvario. Tito risponde sempre meno alle sollecitazioni, è sempre meno presente. Infine deve essere portato a braccia. Ma non c’è nulla da fare. Tito Zilioli muore alle venti, il suo corpo sarà recuperato il giorno successivo. I compagni raggiungono Pretare alle 22.30.