Inizierei il racconto con una battuta, che fa pure rima: "dal cevedale all'ospedale". Sì, perchè poche ore dopo essere rientrati a casa da una "tre giorni" sul gruppo del Cevedale, una banale, ma violenta caduta sulle scale di un parcheggio comunale, mi hanno costretto ad un breve ricovero ospedaliero e ora mi trovo convalescente con due costole fratturate.Naturalmente (e giustamente aggiungo io) in molti mi hanno preso in giro per la rocambolesca e poco "onorevole" caduta, ma purtroppo non sono riuscito a mantenere il segreto su quanto accaduto.
Colgo l'occasione per ringrazie gli amici che mi hanno soccorso, in particolare "Pastarella?" al quale ho fatto prendere uno spavento terribile, e tutti coloro che mi sono stati vicino mostrandomi tutto il loro affetto. Grazie!!
Insomma la mia stagione scialpinistica è finita parecchio in anticipo, rispetto a quanto avevo previsto. E sono maggiormente dipiaciuto per non aver concluso la stagione con le classiche sulle montagne di casa che tanto amiamo, ma ora torniamo alla "tre giorni" sul Cevedale.
Come spesso accade, insiema a Luca partiamo da casa alle ore 22,30 di venerdì 1° aprile con destinazione Cogolo di Pejo (TN) dove arriviamo verso le 5,00 del mattino seguente. Il tempo di prepararci ed attendere un poco di luce del giorno, verso le 6,00 siamo già in cammino da località Malga Mare con destinazione Monte Cevedale. Questa volta, però, i 1800 metri di dislivello e 15,7 km di sviluppo, sommati alla notte passata alla guida ed una scarsa e poco piacevole colazione in autogrill, si sono rivelati fatali per la mia performance. Difatti, superata la quota 2900 m circa, quando ormai eravamo sotto un sole cocente, ho dovuto lottare con tutte le mie forze residue per raggiungere la vetta sulla quale, in ogni caso, siamo giunti dopo appena cinque ore di cammino.
Stanchezza e fatica indicibile a parte, è stata una gita fantastica, che ci ha permesso di godere di un magnifico sole ed una visibilità sulle alpi quasi sconfinata, come dimostrano le foto (poche a dire il vero: ero troppo stanco per fare foto) pubblicate sul mio album
Relazione:
Dal parcheggio adiacente la centrale Enel, nei pressi di Malga Mare a quota 1972 m, che si raggiunge attraverso una stretta strada asfaltata che inizia dal centro abitato di Cogolo di Pejo (indicazione turistica), si seguono le indicazioni per il rifugio "Larcher" (cartello di legno). Si transita alla destra di Malga Mare, avanzando fin sotto ad una bastionata rocciosa, che si aggira andando verso destra sulle tracce del sentiero estivo, fino a raggiungere un pianoro a quota 2200 m. dal quale proseguiamo verso sinistra lungo un dorso. Si supera sulla sinistra un cocuzzolo e, leggermente in discesa, si raggiunge la stazione intermedia di una teleferica in località "Pian Venezia" a quota 2283 m. Ora si prosegue al centro dell'ampia valle, praticamnete pianeggiante, e la percorriamo fino alla fine transitando alcune decine di metri al di sotto del rifugio "Larcher", che ci lasciamo alla nostra destra. Al termine della valle, piegando a sinistra, si risale un ripido canale attraverso il quale si perviene sulla morena glaciale a quota 2700 m. A questo punto, traversando a sinistra (segnavia bianco rossi sulle rocce), si raggiunge il grande avvallamento tra le rocce, risalendo il quale si perviene nel grande catino glaciale a quota 3050 m. Ora la vetta del Monte Cevedale è ben visibile. Si prosegue l'ascesa piegando leggermente a destra, transitando alla sinistra di alcuni serracchi fino a raggiungere un colle ai piedi del ripido pendio di vetta, che si raggiunge lungo il margine sinistro del pendio stesso.
La discesa per l'itinerario di salita, tenendo sempre ben presente che si tratta di un ambiente glaciale, fino a raggiungere il rifugio "Larcher" (affollatissimo) dove abbiamo trascrorso le due notti successive.
Presso il citato rifugio, in maniera del tutto casuale ed indipendente dalle nostre scelte, ci raggiunge anche "Annibale" con un gruppo di amici trentini, insieme ai quali era salito dalla Val Martello. Ecco svelato anche l'indovinello del post precedente. Recuperate le forze, poco prima delle 7,00 del 3 aprile u.s. siamo di nuovo in marcia sotto un magnifico cielo terso ed una temperatura poco più fresca della giornata precedente. Dopo aver fatto un breve tratto della salita insieme ad "Annibale" ed i suoi amici trentini (loro erano diretti sulla Zufallspitze), ci dirigiamo verso la nostra meta: Palon de la Mare 3703 m, seconda cima più alta del Trentino dopo il Cevedale.
Relazione:
Dal rifugio "Larcher" ci si abbassa fino al fondo della valle sottostante, al termine della quale, piegando a sinistra, si risale un ripido canale attraverso il quale si perviene sulla morena glaciale a quota 2700 m. A questo punto, traversando a sinistra (segnavia bianco rossi sulle rocce), si raggiunge il grande avvallamento tra le rocce, risalendo il quale si perviene nel grande catino glaciale a quota 3050 m. Fino a questo punto l'itenerario è in comune con quello percorso il giorno precedente per la salita al Monte Cevedale.
Da questo punto, piegando costantemente a sinistra, si entra nella Vedretta de la Mare che si risale dolcemente puntanto al Col de la Mare (poco distante alla nostra destra è visibile il bivacco Colombo a quota 3485 m). Continuando in semicurva verso sinistra, si rimonta il grande crestone nord che scende dal Palon de la Mare dove si perviene sci ai piedi, potendo godere del grandioso ed emozionante panorama sul ghiacciaio dei Forni e le montagne circostanti, come la imponente piramide del Gran Zebrù. Guardare le foto per credere.
La discesa per l'itinerario di salita.
Per la terza giornata, dovendo fare il viaggio di ritorno a casa, abbiamo previsto una salita più breve, che però si è rivelata molto più ostica di quanto avessimo previsto. Difatti le nostre buone intenzioni di salita a Cima delle Marmotte 3330 m, sono naufragate a quota 3100 m. circa sotto una cresta che nulla aveva a che vedere con una salita scialpinistica.
Dal rifugio "Larcher" a quota 2607 m si traversa il pendio sovrastante, seguendo il segnavia n. 104 in direzione est, fino a raggiungere un colle dal quale, prima in direzione sud-est e poi in direzione nord-est, si raggiunge località "le Pozze" a quota 2785 m circa. Da questo punto, in direzione nord, bisognerebbe raggiungere prima Cima Lagolungo e poi, attraverso la Vedretta di Careser, la Cima Marmotta.
Evidentemente noi, seguendo alcune tracce di salita (anche di discesa) abbiamo risalito un canale piuttosto ripido, in parte occupato anche da slavine spontanee cadute nei giorni antecendenti, al termine del quale ci siamo trovati su una cresta rocciosa che adduceva ad un'altra cresta sovrastata da poco rassicuranti cornici. Non riuscendo a capire dove fossimo finiti e non potendo vedere nessuna delle cime sovrastanti, siamo stati costretti a rinunciare alla nostra meta. Tuttavia abbiamo potuto godere di una magnifica sciata, su terreno ripido e neve ancora ghiacciata, fino al "Pian Venezia" a quota 2283 m. Da questo punto in poi il rientro a Malga Mare è stato un vero incubo, a causa del manto nevoso ancora abbondante ma completamente collassato che faceva sprofondare completamente gli sci sotto la neve.
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