mercoledì 9 novembre 2011

Morti i dispersi sul Monte Bianco dopo cinque giorni nella bufera

I due alpinisti erano bloccati sulla via di discesa dalle Grandes Jorasses, in territorio italiano. Mercoledì scorso avevano affrontato il Linceul sulla parete nord ed erano stati costretti a un bivacco, poi la cima e venerdì scorso l'ultima telefonata. Da allora nessuna notizia. Oggi il recupero
COURMAYEUR - Sono stati individuati a 4.050 metri i cadaveri dei due alpinisti dispersi da sette giorni sulle Grandes Jorasses, nel massiccio del Monte Bianco, Olivier Sourzac e Charlotte De Metz. Li ha individuati l'equipaggio di un elicottero del Peloton d'haute montagne di Chamonix, che ha avvertito gli uomini del Soccorso alpino valdostano, essendo i due in territorio italiano. Dalla Francia è però arrivata la conferma: per loro non c'è più nulla da fare. E la notizia del decesso è stata poi comunicata direttamente dal medico rianimatore dell'ospedale di Aosta, Andrea Ortu, dopo aver ispezionato i corpi dei due alpinisti sul luogo del ritrovamento, a 4.050 metri, nella zona compresa tra le rocce lungo la via di discesa della Walker e il ghiacciaio sospeso della Whymper. "Sono morti": le parole del responsabile italiano delle ricerche, la guida di Courmayeur Oscar Taiola, hanno tolto le ultime speranze a chi ancora si aggrappava all'idea che ci fosse un'ultima possibilità, per loro.I piloti dell'elicottero francese che sono riusciti a salire oltre i quattromila metri hanno riferito per primi che erano immobili. Sono stati individuati grazie alla giacca rossa indossata da uno dei due, che spiccava sulla neve, poco dopo le 11.30. Le guide alpine e il personale medico del Soccorso alpino valdostano, dopo un primo sopralluogo, sono tornati all'aereoporto di Aosta per organizzare meglio il recupero. I due corpi saranno poi trasferiti nella camera mortuaria del cimitero di Courmayeur.Era da venerdì scorso che i volontari, sia francesi, sia italiani, tentavano di salire verso la cima, ma la cappa di nubi e il vento lo avevano finora impedito. Le condizioni meteo questa mattina sono migliorate e hanno permesso ai soccorritori francesi di avvistare i due alpinisti a 4.050 metri, cioè la quota che era stata comunicata dalla guida nel corso della sua ultima telefonata. Olivier Sourzac, 47 anni, guida di Sallanches, della Compagnie des guides du Mont Blanc di Chamonix, e Charlotte De Metz, alpinista quarantaquattrenne di Fontainbleau, nei pressi di Parigi, erano saliti martedì scorso al refuge de Leschaux, sul versante francese della montagna, con l'intenzione di affrontare il Linceul sulla parete nord, il pendio di ghiaccio che scende tra lo sperone Walker e la cresta des Hirondelles. Una via valutata "molto difficile" quando era stata aperta nel 1968 da René Desmaison e Robert Flematti, in nove giorni di lotta con la montagna, una gradazione poi riveduta quando le nuove tecniche di salita sul ghiaccio avevano cominciato a diffondersi. Nel 1977, Jean-Marc Boivin, da solo, ce l'aveva fatta in appena due ore e mezzo. Sourzac e De Metz contavano di uscire in cresta in giornata, ma erano stati costretti a un bivacco nel tratto finale, mercoledì notte. Giovedì erano riusciti a raggiungere il filo di roccia al confine tra Francia e Italia. Da lì, se il tempo lo avesse permesso, si sarebbero potuti buttare verso il rifugio Boccalatte, lungo la via normale che sale da sud ovest. Quattro ore in condizioni normali, se nel frattempo non fosse caduto quasi un metro di neve, a rendere impossibile il cammino e a rischiare a ogni passo di essere trascinati dalla valanga. I contattitelefonici con loro si erano interrotti venerdì sera, quando la batteria del cellulare di Sourzac si era esaurita. Nell'ultima conversazione telefonica la guida aveva detto di esser riuscito a scavare una buca nella neve sotto un cornicione di ghiaccio. Si sono dovuti fermare, i due alpinisti, hanno scavato con le piccozze una "truna", una buca nella neve non diversa da quella che può prepararsi un orso in letargo. E' l'unica maniera per sopravvivere, la temperatura si mantiene attorno allo zero ma non scende oltre. Nella zona la temperatura in questi giorni era scesa era intorno a -10 gradi a 4mila metri,con raffiche di vento fino a 45 km/h; e in pieno vento la temperatura precipita a -20 gradi circa; e di notte scende anche fino a -30 gradi. Ma evidentemente non è stato sufficiente, la mancanza di cibo, forse anche di equipaggiamento, il freddo, tutto questo ha avuto la meglio. Probabilmente quando ieri hanno sentito i rotori dell'elicottero che si avvicinava, si sono trascinati fuori dal loro rifugio, hanno provato a farsi vedere attraverso la nebbia, sperando che i piloti individuassero almeno la giacca di piumino rossa. Hanno sfruttato le ultime forse per salvarsi, poi sono rimasti lì, dove stamattina, con la prima vera finestra di bel tempo, sono stati visti dai soccorritori francesi. Troppo tardi.Un epilogo tragico ma che ormai ci si aspettava. E' vero che in passato ci sono stati episodi di sopravvivenza che la scienza mai avrebbe previsto. Nell'agosto 1966 due tedeschi vennero salvati dopo essere rimasti bloccati per una settimana sulla parete ovest dei Drus. E nel gennaio 2006 una guida alpina francese fu portata a valle, viva, dopo quattro giorni sullo sperone Croz delle Grandes Jorasses, a 3.900 metri di altitudine, con temperature che erano scese a -20°. Nel caso di Sourzac e De Metz c'è purtropo da tener conto anche della tempesta perfetta che si è scatenata sulle loro teste, in anticipo probabilmente su quanto loro avevano previsto. E inoltre, lo aveva riferito la guida nella sua ultima telefonata, la donna già era prostrata all'uscita dalla via sulla parete nord.Una vicenda analoga, il maltempo che investe in anticipo la montagna, le ricerche su versanti diversi da parte dei soccorritori - ambientata sulla Civetta, nelle Dolomiti - è raccontata nel recentissimo romanzo dello scrittore e storico dell'alpinismo Enrico Camanni, "Il ragazzo che era in lui" (Vivalda). Ma in questo caso i protagonisti del libro si salvano e tornano a valle sulle loro gambe. Sourzac e De Metz no.
(dalla repubblica.it)

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