giovedì 17 settembre 2009

Monte Bianco, dieci anni più tardi


A volte per comprendere il significato di un espressione occorre tempo, molto tempo. Ma se l'enigma del sorriso della Gioconda è ancora irrisolto, quello del Giocondo Cavaliere è stato da me compreso ben 10 anni più tardi!

L'illustre Cavaliere fu da me ritratto in una sorta di dormiveglia mentre sghignazzava, all'epoca incomprensibilmente, nella branda del Rifugio del Goûter. La quota, penserete...invece no!


Egli si apprestava, insieme a Silvio e al sottoscritto, a compiere un'impresa in cui divertimento, spensieratezza ed amicizia furono i collanti che la resero per niente epica ma sicuramente indimenticabile.
In realtà il Grande Assente se la rideva compiaciuto perchè ripensava alla choc causato ad un malcapitato pseudo alpinista giapponese petomane che, per buona parte della salita fino al rifugio di Tete Rousse sparava verso di noi bombe nipponiche e si infilava sempre la mano nei pantaloni, con un sorriso ebete, per una grattatina. Alla fine Il Grande Assente, dopo aver maltollerato il vile affronto, centrato da una bomba nell'orgoglio, con un sol colpo che non ammetteva replica redarguì lo sgiagurato empio e ristabilì ex auctoritate la giusta gerarchia sulla materia contesa. Tale fu il fragoroso smacco che il giapponese si inchiodò al Rifugio di Tete Rousse per meditare sul fatto. Tornò, fortemente scosso, a valle.

La notte portò la neve ed il pomeriggio seguente una lunga traccia fino alla capanna Vallot, dopo un mattino trascorso fra telefonate su ombrelloni riluttanti ad aprirsi in Calabria ed una ricca omlette.
La notte ancora dopo alle 2.00 tutto il Gouter era in fermento per l'ascensione, partenza alle 2.45. L'accesso ai "bagni" richiedeva l'uso dei ramponi da applicare alle ciabatte in dotazione e techiche di passaggi su ghiaccio di provata esperienza. Forse la parte più pericolosa dell'intera ascensione. Cose strane accaddero quella notte quale il miracoloso allungamento di circa 15/20 cm della piccozza del Grande Assente. Ma ormai nulla poteva essere più di ostacolo e, rimosso ogni indugio, nel freddo vento della notte fonda ci incamminammo con le torce frontali accese. Il buio era carico di magia e numerose lucette ci seguivano. Quelle che ci anticipavano le trovammo ferme laddove terminavano le nostre tracce del giorno prima. Mentre Italo consultava carte e bussola, dalla borraccia uscì granita invece dell'acqua.


Alle 7.30 un vento furioso ci attendeva sull'anticima. L'adrenalina era fortissima, il panorama straordinario, e le cordate continuavano a salire.

Quali pensieri attraversarono la mente del Grande Assente mentre si esponeva irragionevolmente in piedi come crocifisso sulla cresta al furioso vento a quota 4.803 ancora oggi, a volte, me lo chiedo. Una mistica visione? Un contatto con il Grande Centro? Non potendo beneficiare dei suoi ricordi che, per sua ammissione, non ci sono vivendo una sorta di trance, occorrerà ancora del tempo per poter comprendere...semmai ciò potrà accadere.

















La discesa in giornata di 2.500 mt fino al trenino a cremagliera pieno di turisti che non tolleravano l'odore dei rifugi che portavamo addosso, il ritorno dalla Francia fino a Courmayer, e la sera una ricca portata di funghi porcini a cena.




Poi, mentre i cuscini già accoglievano il sonno del Grande Assente, dal piazzale dell'albergo il Cavalier Silvio ed io sorseggiando una grappa ci perdevamo con lo sguardo lungo la sagoma scura della Cresta di Peuterey fino alla cima del Bianco.


Ma il sonno non fu di giovamento al Grande Assente nè interruppe il suo stato di trance. Il giorno dopo si sbizzarrì in una guida forsennata fino a casa smanettando continuamente con il cambio della radio sul volante alla ricerca di disco music ascoltata ad un volume impossibile, mentre continuavano a pervenire gli aggiornamenti sul numero degli ombrelloni che si rifiutavano ancora di aprirsi.

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