sabato 23 ottobre 2010

Monte Vettore - Sol invictus





































...e ieri ha parlato, con il suo Silenzio,

sul Vettore...

L'onere e l'onore di relazionare l'uscita odierna al Cavalier Silvio o al Pontifex, se vogliono proseguendo questo.


Sono Silvio. Accolgo con piacere l'invito del Cavalier Mascherone e relaziono l'uscita.

Uscita sul Vettore, iniziata all’alba, come ha rappresentato benissimo il Mascherone, sotto il segno del Sol Invictus.

Forca di Presta è una terrazza aperta verso est che regala sempre viste suggestive e un po’ metafisiche. Che siano al sorgere del sole, o successioni di rilievi che si abbassano gradatamente e affondano nella nebbia verso est, hanno sempre una profondità e una suggestione speciale.

Hanno partecipato oltre al sottoscritto il Mascherone, Il Pontifex, e un’aspirante Cavaliera, nonché sorella del sottoscritto.
La sorellina, come già era successo per un fratello, aveva l’aspetto di un’ alpinista… curda. Colbacco (un po’ pesantino per la circostanza), pantaloni da tuta (un po’ leggerini, poi rafforzati da altra tuta prestata al volo e indossata sopra, e sigillati in basso infilandoli nei calzini)… però ha marciato alla grande, e senza alcun segno di stanchezza!


Dalla terrazza metafisica di Forca di Presta (quota 1534) si imbocca il battutissimo sentiero 101 (tanto battuto che è in corso un progetto di “ridisegno” della traccia, per limitare il passaggio al sentiero “maestro” e vietarlo sulle 1000 diramazioni che si sono formate). Cammino agevolissimo verso nord, con pendenza regolare, e solo pochi “strappi”, passando per la Croce Zilioli (1920), di cui dirò di seguito, il Monte Vettoretto (2052) e infine arrivando a quota 2240 al Rifugio Zilioli.
Al Zilioli il Mascherone non ha trovato la porta:

Da lì si arriva rapidamente, in poco più di 200 metri di dislivello, sempre su sentiero comodo, alla cima del Vettore. Nostro obiettivo era la Cima di Pretare ( sulla carta “Il Pizzo”). Era solo una cimetta da collezione…invece ci ha piacevolmente sorpreso il bellissimo percorso per raggiungerla.
Dalla grande croce che si trova poco più in basso della cima del Vettore, si piega verso est. Noi abbiamo raggiunto a vista la cresta che termina con “Il Pizzo” (ma c’è il sentiero 131 che arriva sulla cresta). Il paesaggio è molto suggestivo e sprofonda verso il “Grande Imbuto del Vettore” , anfiteatro ampio e profondissimo, una classica sci-alpinistica. E poi i pendii erano infiocchettati in modo un po’ bizzarro da “rose” di ghiaccio:

Abbiamo fatto rilevazioni precise sulle ripercussioni che la presenza di Cavalieri di sesso femminile producono sulla fisiologia del Pontifex: in salita accelera di 50 mt/ora, in discesa di 100 mt/ora; inoltre taglia molti sentieri e aggredisce a vista i pendii. Quando gli è stato fatto notare il Pontifex ha osservato: “Che ci posso fare se piaccio alle donne!”
La cresta si snoda in tre balzi. Eravamo indecisi se il secondo fosse la cima. Consultata la carta abbiamo proseguito, avendo individuato come cima la sommità all’estremità est della cresta. La cresta si fa a tratti stretta e si proceda su roccia un po’ marcia e pietrisco.
Siamo tornati a valle felici per questo tour, con viste vertiginose nel cuore dei Sibillini, dopo aver percorso circa 12 chilometri e 1200 metri di dislivello.

Torno un attimo alla Croce Zilioli.
Si trova ad una quota relativamente bassa, 1900 metri, praticamente a vista di Forca di Presta. Eppure lì morì Tito Zilioli. Ho letto qualcosa su questa tragedia.
Il 30 marzo 1958 Tito compie con Pinetta Teodori, Claudio Perini e Francesco Saladini, la prima ripetizione invernale della via del canalino al Vettore. Procedono in due cordate in una giornata freddissima. Comincia a nevicare e tira vento forte. Vengono sfiorati da un paio di slavine. Tito ha qualche esitazione e “blocco” già in salita, ma nulla che faccia a pensare alla tragedia che seguirà. Alle diciassette sono in vetta. Ma già all’uscita della via sono sferzati da un vento furioso e ghiacciato. La discesa è un calvario. Tito risponde sempre meno alle sollecitazioni, è sempre meno presente. Infine deve essere portato a braccia. Ma non c’è nulla da fare. Tito Zilioli muore alle venti, il suo corpo sarà recuperato il giorno successivo. I compagni raggiungono Pretare alle 22.30.

Pedalare sulla luna? ...........c'è di meglio!

Si! c'è di meglio che pedalare sulla luna.
Non posso non anteporre i saluti ai ragazzi dell' EXTREME BIKE NICOLOSI che hanno organizato il primo trofeo dell'Etna e che ci hanno coccolato durnte la nostra permanenza a Nicolosi (Ct).

Nel week-end del 16 e 17 ottobre, unitamente a rappresentanti dell'Abruzzo MTB - scuola MTB "Orsetti" di Penne (nella persona di Moreno, maestro federale mtb nonchè angolano doc) e del CAI di Ascoli Piceno nell'estensione dello slow-bike - pedalare per conoscere (nella persona di Sonia, anch'essa maestra federale di mtb) ho avuto l'opportunità di pedalare sull'Etna.
Panorami e sensazioni emozionanati. Consiglio di partire è prendere contatti con l'Extreme-bike di Nicolosi (Ct) che saranno ben lieti di indicarvi luoghi e percorsi che difficilmente potrete dimenticare.
La nostra mission è durata due giorni. Il sabato abbiamo effettuato il periplo dell'Etna (quota media 1800) pedalando per circa 75 Km sulla "pedo-montana" (comodo tracciato curato dalla forestale).

Nella mattinta di domenica si è tenuto il primo trofeo dell'Etna. Solo 10 Km di dura salita che dal rifugio Sapienza (1950 mt slm) sale sulla strada di servizio degli impianti da sci al rifugio, o per meglio dire quello che ne resta, "torre del filosofo " (a circa 3000 mt sl).
Durante la salità, proprio allorquanto le forze mi stavano abbandonando (praticamente poco dopo la partenza) ho avuto la fortuna di incontrare un mio carissimo amico (!) della protezione civile che ha insitito affinchè terminassi il percorso (che altrimenti non avrei certo ultimato in tempi ragionevoli) a bordo del suo 4x4. Durante la salita vi lascio immaginare i commenti degli altri concorrenti.
Una volta che i veri bike, compresi Sonia e Moreno, hanno raggiunto la vetta, abbiamo girovagato per i crateri anche se, per effetto di una ordinanza prefettizia, non è stato possibile raggiungere il cretere centrale. La temperatura, molto rigida, non ha incentivato la nostra voglia di trasgressione (dell'ordinanza prefettizia!!) optando per altri crateri sommitali.

Un caloroso saluto a tutti gli amici siciliani conosciuti per la circostanza nella sperenza che questa estate, in occasione della consueta manifestazione "dall' Etna al Gran Sasso" siano presenti alla gara che Moreno sta preparando in un tracciato all'altezza dei più forti bike siciliani.

Come al solito per le foto clicca li, ansi no, forse è meglio di la, mannaggia ... forse è qui!.

1908 - Inaugurazione Rifugio Duca degli Abruzzi

Nuova rievocazione storica dell’inaugurazione di un altro importantissimo rifugio presente sul nostro Gran Sasso: il Duca degli Abruzzi.

Situato a m. 2388 sulla cresta del Monte Portella fu costruito nel 1908 dalla sezione del CAI di Roma. Fu il secondo rifugio edificato sul Gran Sasso e decretò l’inizio del declino del Rifugio Garibaldi, in quanto, soprattutto in inverno, era molto più facilmente raggiungibile ed utilizzabile in quanto non sommerso dalla neve. Infatti il Garibaldi, trovandosi in una conca, veniva sempre ricoperto da metri di neve a tal punto che parecchie volte non se ne riusciva a rintracciare neanche il tetto. Anche oggi, nonostante le nevicate siano sensibilmente diminuite rispetto all’inizio secolo scorso, capita di trovarlo ricoperto di neve come si può apprezzare dalle foto del nostro Cavalier Fausto.













Rifugio Duca degli Abruzzi da una cartolina del 1912















Vi riporto integralmente l’articolo uscito sulla Rivista del CAI del 1908 narrante l’inaugurazione del Duca degli Abruzzi.


In quella pittoresca regione, di cui S.A.R. il Principe Luigi Amedeo di Savoia porta il nome, nell’Abruzzo “forte e gentile”, e proprio nel suo maggior gruppo di monti, è stato inaugurato, per cura della Sezione di Roma del C.A.I., il 28 giugno 1908, un nuovo Rifugio, che, col consenso dell’augusto Principe, fu appunto intitolato “Duca degli Abruzzi”. Da più di venti anni il Gran Sasso d’Italia aveva un rifugio situato nella così detta Conca d’Oro, a ridosso del Corno Grande, a 2200 metri di altezza, appena sufficiente per le escursioni estive e assolutamente inadatto per le invernali, rimanendo esso d’inverno completamente sepolto dalla neve e richiedendo, per accedervi, di affrontare il Passo della Portella, valico battuto dalle più fiere tormente e che già costò la vita a più di una persona. A rendere più facile l’ascensione alla maggior vetta dell’Appennino e alle altre del gruppo, fu decisa la costruzione di un nuovo rifugio, che sorge in posizione eminente a circa 2400 m., sul crestone che, partendo dal Monte Portella (m. 2388) in direzione Est, descrive un arco di cerchio e va a congiungersi con la parte meridionale del Corno Grande (m. 2914); e trovasi precisamente ad un terzo circa di questo crestone partendo dal Monte Portella, nel mezzo di un tratto pianeggiante quasi per 100 metri, limitato alle estremità da due preminenze aventi segnali di pietra. La sua posizione è tale che i venti, battendo da ogni lato, spazzano e sgombrano dalla neve la località ove sorge. Questa ubicazione richiese però un accurato studio sulla robustezza della sua costruzione. Si può raggiungerlo e tornare senza alcuna difficoltà, anche in cattive condizioni di tempo, evitando il Passo della Portella. L’ampio panorama che di lassù si gode, si estende dalle varie vette del Gruppo del Gran Sasso al vicino Gruppo del Prena, sul Campo Imperatore del Gran Sasso, sulla Maiella, sul Gruppo del Sirente e del Velino, col bellissimo altipiano di Rocca di Mezzo, sulla valle dell’Aterno con Aquila, ecc. Il sentiero di accesso abbandona a circa 2000 m. la mulattiera che dal vallone Portella va alla fonte delle Fondare, e con ampie svolte sale sino al Rifugio (ore da 3 e mezza a 4 da Assergi). In vicinanza rimane sempre della neve: acqua eccellente si può portare dalla fonte di Portella, oppure farla prendere alle Fondare, fonte distante mezz’ora circa in discesa. Il vecchio Rifugio è visibilissimo dal nuovo e ne dista in discesa mezz’ora circa. Alla cerimonia dell’inaugurazione intervennero una trentina di soci, tutti della Sezione di Roma. Partiti da Roma il giorno 27 in ferrovia, si riunirono tutti alla stazione di Paganica, donde in vettura, alle 6 del 28, proseguirono per Assergi (m. 847), ultimo paese della vallata alle falde del Gruppo del Gran Sasso: quivi giunti alle 7,30 furono festosamente accolti dalla popolazione e dalle autorità. Alle 8,30 la comitiva si incamminò per il sentiero che a zig-zag si inerpica pel ripido vallone Portella, sostando alquanto alle 10,50 alla fonte di Portella (m. 1870). Alle 11,35 lasciavano a sinistra il vecchio sentiero del Passo di Portella e alle 12,15 giungevano al nuovo rifugio, dove si era precedentemente recata la Commisione organizzatrice e con essa S.A.S.S. il Principe Carlo di Hohenzollern, cugino dell’Imperatore di Germania. Immediatamente ebbe luogo la inaugurazione. Il socio rev. Mons. Lupi benedisse la bandiera e il Rifugio.

L’on. Brunialti, Vice-Presidente, pronunciò un elevato discorso, dichiarando inaugurato il nuovo rifugio in nome di S.M. il Re, mentre la signora Maria Abbate rompeva la bottiglia di “champagne” e il tricolore veniva solennemente innalzato, salutato da 21 colpi di mortaio. Seguì il pranzo, durante il quale il Rifugio ebbe il battesimo dell’uragano e della folgore. Il Vice-Presidente comm. Cora brindò all’alpinismo e alla prosperità della nostra Sezione. Replicò il Principe di Hohenzollern, dichiarandosi onorato dell’appartenervi ed entusiasta delle nostre montagne. Alle 17, il gradito ospite tenente del Genio sig. Pedata, della Colombaia Militare di Roma, venuto espressamente, dopo genialissime parole effettuò una lanciata di piccioni viaggiatori recanti a Roma telegrammi a S.M. il Re, a S.M. la Regina Madre e a S.A.R. il Duca degli Abruzzi, telegramma quest’ultimo inoltrato a bordo della Regia Nave “Regina Elena” a mezzo della radiotelegrafia. Reduci da escursioni effettuate nei dintorni, i gitanti riunironsi alla sera nuovamente al Rifugio, ove nel frattempo era stato continuo l’arrivo di autorità e di comitive dai vicini paesi, e quivi, dopo lauta cena, assistettero a fuochi d’artificio e alla illuminazione a luce di bengala del Rifugio e delle adiacenze. Alle ore 22 riposavano nel nuovo Rifugio oltre 40 persone, mentre il rifugio vecchio rigurgitava di comitive che dovettero adattarsi anche all’aperto. Alle 12 del giorno seguente tutti i gitanti intervenuti all’inaugurazione del rifugio erano riuniti a un sontuoso pranzo di chiusura ad Assergi, al quale prese parte anche il senatore Malvano, Presidente della Sezione. Felicissimi i discorsi del dottor Giulio Giacobbe, sindaco di Camarda, di cui Assergi è frazione, e del notaio Tommaso Giacobbe, ai quali rispose il Presidente Malvano. Alle 14 fra i saluti entusiastici di quella popolazione, la comitiva lasciò l’ospitale paese, in carrozza, alla volta di Paganica, dove veniva cortesemente ricevuta dalla famiglia del marchese Alfonso Dragonetti, che offrì ai gitanti un rinfresco nella sua artistica ville. Alla stazione di Paganica si riprese il treno, che portò tutti a Roma dopo la mezzanotte.

giovedì 21 ottobre 2010

Serra della Terratta e Serra del Carapalle

Dopo diversi tentativi abortiti per avverse condizioni meteo finalmente la Serra della Terratta è stata conquistata. Le escursioni autunnali regalano profumi e colori che difficilmente si riprovano durante le altre stagioni. Progredire su soffici tappeti di foglie è paragonabile, come dice Angelo, a sciare.
Veniamo alla relazione: itinerario arcinoto ai frequentatori del blog, ma essendo stato assente per tutta l'estate mi eserciterò nel riproporlo: dal centro del paese, dopo aver consumao un dolcetto tipico, ci si dirige verso gli impienti (dismessi) della seggiovia. Attaversato l'ampio piazzale si può lasciare l' auto nella piazzola situata in prossimità di un tornante destrorso proprio sotto i cavi della seggiovi (quota 1110 circa). Calzati gli scarponi si segue l'evidente carrareccia che sale costeggiando inizialmete i tralicci dell'impianto di risalita. Poco dopo si incontra, a sinistra, la pista da sci, e a destra inizia il sentiero (tabella in legno) contrasegnato con bandierine rosso-bianco. Il sentiero è sempre ben segnato (spesso con paletti esageratamente grandi) nonch'è evidente. Dopo circa 1 ora e 30 (o poco più) di salita si incontra lo stazzo del Carapale (mt. 1642).
Si procede sempre nel bosco fino a quota 1750 circa ove la vegetazione inizia ad allentare. Proprio intorno a questa quota io e l'amico Angelo abbiamo udito uno stranissimo verso. Forse lo starnuto di un orso, forse il segnale di allarme di un orso da noi disturbato, comunque ci siamo convinti che ad emettere quello strano verso era stato un Orso. Purtroppo non siamo riusciti a vedere nulla. Angelo è convinto che in caso di attacco l'orso avrebbe puntato su di me in quanto, a suo dire, più in-carne! Io non ne sono sicuro. E se all'animale gli piacesse rosicchiare le ossa? voi che ne dite? Andiamo avanti.
Guadagnato il pendio sono evidenti due gendarmi in pietra (le Ciminiere, 2061 mt) che ci indicano che dobbiao proseguire veso la nostra destra per comodi saliscendi percorrendo il filo di cresta verso l'anticima sud della Terratta (2163 mt), nel proseguire si guadagna la cima della Terratta (2208 mt).
Dopo una piccola pausa contemplativa sul panorama che cia siamo immaginati ricoperti di bianco, abbiamo puntato a sud-sud-est per la Serra del Carapalle. Una volta tornati verso l'anticima sud (2163 mt), nel tagliare a mezza costa (senza perdere eccessivamente quota) si raggiunge il costone della Serra del Carapale e dopo l'anticima (2102 mt) si guadagna la vetta a quota 2126 mt.
Per il ritorno, anzichè risalire, siamo scesi direttamente per l'evidente vallone a sud (mughi e ghiaia) che guarda il sentiero che, percorso in precedenza, ci ricondurà alla macchina.
Dopo una lunga convalescenza sembra che le cose stiano andando verso la direzione giusta anche se l'ascesa mi ha provocato l'ulteriore tumefazione delle ungie degli alluci. Che vogliamo fare!

mercoledì 20 ottobre 2010

Rifugio Garibaldi: inaugurazione 18-19 Settembre 1886

Oggi voglio ricordare un evento storico per il nostro Gran Sasso e cioè l'inaugurazione del primo rifugio mai edificato sui nostri monti, l'attuale Rifugio Garibaldi.

Esso è situato, come tutti sappiamo, in Campo Pericoli, ad una quota di m.2230 e fu costruito dalla Sez. del CAI di Roma nel 1886. Fu la prima costruzione del genere ad essere realizzata sugli Appennini e ciò avvenne grazie ad un notevole impiego di uomini e mezzi.

Il brano che segue è tratto da un giornale dell'epoca: L'Illustrazione Italiana del 24 Ottobre 1886, esattamente 124 anni addietro, anch'esso facente parte dei miei archivi storici sul Gran Sasso.

Il brano fu scritto da Enrico Abbate, segretario del CAI di Roma, grande conoscitore dell'Abruzzo e del Gran Sasso, nonche' primo scalatore del Corno Piccolo sia d'estate che in inverno rispettivamente l'8 settembre 1887 e l'8 febbraio 1893.
Il brano è esattamente quanto scritto dall'Abate corredato dalle foto da lui stesso scattate.

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L’ILLUSTRAZIONE ITALIANA del 24 Ottobre 1886 – Anno XIII – N. 44

IL GRAN SASSO D'ITALIA.

Il 18·19 settembre pp. la Sezione di Roma del Club alpino italiano ha inaugurato uno splendido Rifugio nel gruppo del Gran Sasso d'Italia alla base di Monte Corno, la punta più elevata del gruppo.
Una lieta brigata di più che settanta persone, fra le quali il conte Capitelli, prefetto di Aquila, ed il signor ingegner Giorgi, rappresentante il sindaco, giungeva ad Assergi il 18 mattina, movendo da Paganica, stazione ferroviaria sulla linea Aquila-­Castellamare Adriatico. Dopo un allegro banchetto gli alpinisti salirono per una lunga via a zig zag al passo della Portella, e scesi quindi per breve tratto e risaliti per il versante a destra, in poco più di cinque ore arrivarono al Rifugio.
All'indomani della numerosa comitiva circa 55 ascesero in due ore e tre quarti la vetta più ele­vata, e ritornarono quindi ad Assergi. Con molte vetture ripartirono di poi per Aquila, ove il giorno stesso il sindaco offrì loro uno splendido pranzo, e il giorno seguente il prefetto un ballo. Tutta la popolazione di Aquila in questa occa­sione volle mostrare in qual modo venisse eser­citata la ospitalità ormai proverbiale dell' Abruzzo forte e gentile. La festa non poteva riuscire me­glio sotto ogni aspetto.
Il gruppo del Gran Sasso d'Italia, che può chiamarsi il Monte Bianco degli Appennini, giac­chè supera in altezza tutte le altre vette di que­sta catena, sorge nel mezzo d'Italia e propria­mente nell'Abruzzo di Teramo e di Aquila a circa 100 chilometri in linea retta da Roma.
Il gruppo si dirige da nord-ovest a sud-est ed è composto di varie punte: Il Monte Corno, detto anche Corno Grande, è la vetta più elevata e misura metri 2921 sul livello del mare; le al­tre punte principali sono il Pizzo di Interme­sole (2648), il Como Piccolo (2637), il Pizzo Cefalone (2532), Monte Corvo (2626), ecc.
Da Assergi non vedesi che il Pizzo Cefalone e la lunga cresta che da questo va al Monte della Portella, cresta divisa verso metà da uno stretto intaglio, il passo detto della Portella. Que­sta cresta forma lo spartiacque fra la provincia di Aquila e quella di Teramo, e il passo serve di via di comunicazione diretta fra le due pro­vincie: da Assergi infatti si sale ad esso, quindi si discende all' altipiano detto Campo Pericoli, e di qui proseguendo in linea retta per Val Maone si arriva a Pietra Camela nella provincia teramana.
Dal passo della Portella la veduta sopra tutto il gruppo è imponente.
Le vie per ascendere il Gran Sasso sono due: quella di Teramo per il versante nord e quella di Aquila per il versante sud. Da Teramo per via carrozzabile si va in due ore di vettura a Montorio al Vomano e quindi in altre due ore a Tossicia e per via mulattiera in un' ora a Isola del Gran Sasso, oppure a Pietra Camela. Da ambedue i paesi si sale ad un punto detto Ara­pietra e quindi per il colle che si stende fra il Corno Grande ed il Piccolo alla vetta più ele­vata, o meglio alle due vette, poichè Monte Corno è diviso in due cime poco distanti l'una dall'altra, la prima che guarda Teramo, la seconda più alta di soli tre o quattro metri, che guarda Aquila.
La via dal lato di Aquila sale da Assergi (paese distante un'ora e mezza circa di vettura da Aquila e due ore e mezza a piedi dalla stazione ferro­viaria di Paganica) fino al passo della Portella, poi discende verso Campo Pericoli e prima di giungervi volge a destra dirigendosi verso la base di Monte Corno; attraversata poi la Conca d'oro, ove trovasi il Rifugio, sale per un erto vallone, ed oltrepassata la Conca degli Invalidi conduce per un ripido brecciaio ad una cresta presso un piccolo ghiacciaio, donde in breve si arriva alla cima più elevata.
Il rifugio costruito dalla Sezione di Roma è in posizione bellissima. E’ tutto di pietra scal­pellata e consta di due camere: una di metri 4 per 2.15, la quale rimane aperta per uso delle guide o dei pastori che fossero sorpresi dalla tempesta. La seconda di metri 5 per 4 è rive­stita parzialmente di legname, contiene una co­modissima cucina economica e tutti gli utensili necessari per cucinare: sopra un apposito banco di legno per dormire vi sono materassi e coperte. Questa camera rimane chiusa, e la chiave trovasi presso i Sindaci di Camarda (di cui Assergi è fra­zione), di Pietra Camela e di Isola del Gran Sasso, i quali la consegneranno solo ai viaggiatori ac­compagnati da guide di fiducia dei sindaci stessi.
Il rifugio è solidamente costruito e non ha il vero tipo alpino: ha direi quasi un tipo apen­nino adatto alle differenti condizioni atmosferi­che e sopratutto topografiche: era necessario colla solidità premunirsi contro i possibili at­tentati dei pastori che abbondano in quei dintorni.
Il Rifugio serve specialmente per le ascensioni dal lato di Aquila: ma può riuscire utile anche per coloro che vengono da Teramo essendo breve la via da Pietra Camela al Rifugio medesimo. Esso inoltre serve non per le sole ascensioni della punta più elevata, ma anche per chi voglia percorrere tutto il gruppo. Non v' ha dubbio che esso viene a facilitare le ascensioni iemali e ad agevolare gli studi del gruppo, finora poco vi­sitato dagli scienziati, mentre i numerosi avanzi fossiliferi e le non meno importanti traccie del periodo glaciale meriterebbero un diligente stu­dio per rilevare, indagare ed accertare senza dubbi tutta la natura costitutiva delle roccie.
Diamo in questo numero alcune vedute per invogliare i turisti ad accorrere numerosi verso questo interessantissimo gigante degli Apennini.


















Anzitutto abbiamo la veduta del Rifugìo dietro a cui s'erge Monte Corno; abbiamo poi il Pizzo di Intermesole veduto dal passo della Portella ed il Pizzo stesso veduto dalla Conca degli In­validi; Monte Corno veduto da Campo Pericoli, il Pizzo Cefalone veduto dal Rifugio, il Corno Piccolo veduto dalla Conca degli Invalidi, il ghiac­ciaio e Monte Corno ed infine la sommità più elevata del gruppo.
Dott. ENRICO ABBATE

domenica 17 ottobre 2010

9 ottobre 2010 Cima di Femmina Morta e Cima di Fondo Maiella

Bellissima uscita su percorsi “classici” della Maiella. Partecipano i Cavalieri Paolo, Mascherone, Gabriele, il Cavaliere sottoscritto e il Cavaliere aggiunto Roberto.



Si parte da Fonte di Nunzio (sulla strada fra Passo S. Leonardo e Campo di Giove).

Noi a Fonte Di Nunzio arriviamo da S. Valentino, passando per Caramanico, Sant’Eufemia, Passo S. Leonardo. Percorso sempre uguale, ormai un pellegrinaggio alle nostre montagne più care. Con sosta di “preghiera” al bar di S.Valentino…
Il Mascherone, credo a ragione, ha messo in dubbio che questa sia la strada migliore. Sostiene che sia preferibile Sulmona-Pacentro. Solo che ha spiegato che conviene solo per il ritorno! Alle nostre domande ha ribattuto “Abbiate fede”. Quindi da ora in poi, vista la nostra estrema fede nel Mascherone, faremo andata per Sant’Eufemia, e ritorno per Pacentro.

Partiamo un po’ prima delle 8. Il sentiero 13 è segnalato da una grande tabella metallica sulla strada. Si sale per boschi fino a quota 1700, a Fonte Dell’Orso.


Si prosegue quindi sul sentiero 13 fino a quota 1830: in prossimità di uno stazzo diruto, e quando già si apre alla vista il vasto anfiteatro di Fondo Maiella, si può deviare verso est su una traccia di sentiero, invece che proseguire a sud sul “13”. La traccia si ricongiunge a quota 2100 circa col sentiero 1E, che ascende ripido Fondo Maiella fino a Forchetta Maiella (quota 2390), dove arriviamo dopo due ore dalla partenza.

Svalicare sul Fondo di Femmina Morta invaso dal sole è un bel sollievo dopo aver battuto un Fondo Maiella bagnato da un’ombra gelida. E poi Forchetta Maiella è la porta ad una delle zone più belle, selvagge e “lunari” della Maiella.

Dalla Forchetta puntiamo a sud-est verso Cima di Femmina Morta (quota 2423). In quella direzione si vedono un paio di rilievi. Raggiunti i rilievi ci rendiamo conto che la cima è alle loro spalle, segnata da un paletto dei sentieri del parco. La raggiungiamo e torniamo verso la Forchetta.

Abbiamo proceduto fino ad allora in due formazioni. Tre Cavalieri procedevano a 600 metri dislivello/ora e due, Pontifex e Roberto, a 400 metri. Dopo aver toccato Cima di Femmina Morta abbiamo calcolato i tempi della seconda formazione (2390-1250 = 1140; 1140 : 400= 2h e 50 minuti), e mentre osservavamo da lontano la sella di Forchetta Maiella abbiamo previsto che i due Cavalieri stavano per svalicare…ed ecco che svalicano! Insomma in materia di aritmetica i Cavalieri stanno facendo grandi progressi.

Abbiamo tributato saluti e ossequi al Pontifex e a Roberto, appena svalicati. E scambiato idee sulla cima appena raggiunta. Al riguardo il Pontifex si è riservato di sciogliere le sue riserve. Quindi abbiamo proseguito in direzione nord, sulla cresta che delimita ad ovest la Valle di Femmina Morta. In 20 minuti siamo arrivati su Cima di Fondo Maiella (quota 2593).


Scendendo alla Forchetta abbiamo incrociato di nuovo Pontifex e compagno. In verità trepidavamo in attesa del verdetto pontificale su Cima di Femmina Morta. Per fortuna il verdetto è favorevole, la cima è raggiunta : possiamo proseguire tranquilli!
Tagliamo Fondo Maiella per pietraie. Brancoliamo un pochino nella nebbia, quindi riguadagnamo il sentiero 13.

Piccolo passo indietro. Il Mascherone era partito un po’ sfiduciato e stanco. Poi a quota 1700, a Fonte Dell’ Orso, un episodio che lo vivacizzerà parecchio. Trova 50€! Nella speranza d’aver trovato un novello Pollicino pieno di soldi- un “Soldicino”! - prosegue fino a Forchetta Maiella. Lì ci interroga, e la favola di Soldicino svanisce con la restituzione della banconota al distratto Cavalier Paolo.

Durante il cammino mi sono chiesto spesso chi mi ricordava il Cavalier Mascherone con la sua “mise” autunnale. L’illuminazione l’ho avuta al ritorno, sostando a Fonte Dell’ Orso: ad un Teletubbies!Poi però mi sono visto in foto…anch’io sembro un Teletubbies! Beh…allora tanto vale completare l’opera:

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