venerdì 19 novembre 2010

Arrampicata a Roccamorice



Bella giornata a Roccamorice a rispolverare un po’ di magnesite in compagnia dell’amico Carlo e del grande Roberto, che per i Cavalieri si è denominato Cavallo Pazzo.





Pertanto d’ora in poi se vorrete menzionarlo potete farlo con il nickname Cavallo Pazzo.


Vedremo poi di cercare di convincerlo ad iscriversi ai Cavalieri della Polvere.

Per vedere altre foto della giornata andate sul link

giovedì 18 novembre 2010

CORNO PICCOLO - I ascensione cresta O Seconda Spalla - 27 Luglio 1930



Gli Aquilotti di Pietracamela, nati nel 1925 dall'idea di Ernesto Sivitilli, nei primi anni di attività alpinistica mettono in paniere una serie di prime nel gruppo del Gran Sasso tali da meritare l'attenzione di tutti gli osservatori dell'epoca a tal punto che, nel Giugno 1931 il Club Alpino dedica alle nuove ascensioni addirittura la copertina della propria rivista come possiamo osservare nella foto della stessa.

Qui di seguito la descrizione integrale del Sivitilli della prima ascensione della seconda spalla del Corno Piccolo tratta dalla stessa rivista.




CORNO PICCOLO, m. 2637. - I ascen­sione delia Seconda Spalla delia cresta O. ­Con Osvaldo Trinetti, Bruno Marsilii, Antonio Giancola, Antonio Panza e Venturino Franchi, 27 Luglio 1930.
II Corno Piccolo, per tanti anni miraggio dei sognatori di vergini, irraggiungibili cime e, in seguito, palestra di epiche lotte spesso con­clusesi in onorate sconfitte, era ormai solcato, in tutti i suoi lati, da quelle immaginarie linee che son le vie alpinistiche e chiuso, per ciò, a possibilità di vie nuove.
Unica sfinge allettante e beffarda - su­perba vergine ribelle - rimaneva la seconda Spalla della cresta O., strano, lapidario spalto sfuggente in un salto di varie centi­naia di metri, implacabili nella assoluta compattezza e levigatezza di una roccia gri­giastra e repulsiva.
Sembrava la sfida, l'ultima sfida che la natura vinta lanciava agli illusi dominatori!
E questa sfida io avevo raccolto, almeno nel sogno! Sogno di vari anni, fino al tor­mento! Attorno alla superba Spalla che aveva respinto attacchi di scalatori egregi, come at­torno alle linee perfette del corpo di una amante ideale, la mia fantasia aveva intrec­ciato, col fervore degli innamorati, i sogni più deliziosi, creando tutta la particolareg­giata gamma di quelle sensazioni che ci pre­parano a gustare la conquista.
Giunto a tal punto, non rimaneva che ten­tare: per rimanere padrone del sogno 0 per rica­dere nella sconsolante tristezza dell'illusione.
All'impresa associo i migliori dei miei Aquilotti residenti a Pietracamela.

Un conciliabolo con Osvaldo Trinetti a cui avevo confidato, di mano in mano, tutte le osservazioni e le indagini fatte in varie epoche, mi fa decidere di sce­gliere per l'attacco la via della parete settentrionale.
Al mattino di buon'ora, si parte da Pietracamela, affrettatamente, quasi con impazienza, in silenzio.
La distanza che ci separava dalla For­cella soprastante alla Terza Spalla, vien divorata in appena due ore. Breve sosta per i preparativi dell' at­tacco.
Scendiamo per una trentina di metri lungo il canale del Tesoro Nascosto, fermandoci sotto ad una specie di infos­samento che porta in alto sul filo di cresta.
Uno strapiombo di dieci metri ci ob­bliga ad attaccare a sinistra, formando una prima piramide umana. Per raggiungere il centro dell'infossamento dobbiamo at­traversare un lastrone che richiede ma­novre di sicurezza; la forzata immobilità in atteggiamento tutto scimmiesco, mi fa intirizzire le dita dal freddo. Una spac­catura obliqua di quattro metri ci porta ad una cengia ed a rocce facili attraverso cui raggiungiamo una marcata forcella. Siamo sul filo di cresta che è formato da una specie di dorso smusso e tondeggian­te. Sopra ci domina la sfuggente, mono­litica verticalità della Spalla e sotto oc­chieggiano i neri burroni della Val di Maone.
Una crepa lunga circa sei metri mi per­mette qualche aderenza sufficiente ad in­nalzarmi sino ad uno spacco, dove sosto in posizione sicura. Pochi metri facili ci danno un respiro e ci consentono di ammirare una fac­ciata rocciosa, compatta, solcata verti­calmente da una stretta crepa di 8o-1oo metri. Per aderenza, mendicando gli appi­gli, incastrando gli arti, rimanendo so­speso per permettere agli altri di ar­rampicare, raggiungo un posticino si­curo, donde, volgendo a sinistra, mi porto in un facile canalino lungo quattro metri. Spostandomi indi a destra, raggiungo, con sorpresa, un profondo spac­c0 col fondo formato da una rampa liscia. La cordata, frattanto, si snoda lungo la facciata ormai vinta e mi da l'impressione, a guardarla da questo punto, di scoiattoli in vena di allegri acrobatismi. Riunitici, riprendiamo superando qual­che sbarramento. Marsilii costruisce un ometto che stranamente gli somiglia! La rampa, sempre più sfuggente, ci fa poggiare a sinistra lungo un canalino di cinque metri e sino ad un lastrone sol­cato da un regolare canalino, inciso dalle acque di scolo. In un buco poniamo un biglietto. Un pianerottolo precede un canale di una quindicina di metri, sbarrato in alto da un masso a faccia perfettamente liscia e in lieve strapiombo. Scarsi appigli mi obbligano a condizioni di precaria sta­bilità per circa cinque metri ed indi, senza alcuna tregua, una crespa sottile con appena accennata scabrosità ci im­pone una piramide umana di quattro, in straordinaria posizione.
Una selletta ci consente riposo: siam quasi sotto alla difficile meta. A destra qualche accenno di canalino solca la ver­ticale rampa sommitale; un sasso lasciato cadere nel vuoto tocca terra dopo dieci secondi: dopo altrettanti si ode il tonfo di rimbalzo. Vorremmo tentare da questo lato, ma uno strapiombo ci consiglia a te­nere la sinistra, dove, a difficoltà maggio­ri, corrisponde però minore esposizione. Attacchiamo perciò alcuni lastroni in­clinati, dapprima lisci, indi con qualche appiglio dato da superficiali crepe, e poi sfuggenti e assolutamente compatti: sia­mo costretti a manovre delicate di sicu­rezza. Raggiunto un canalino, ci ritro­viamo contro uno strapiombo a forte esposizione che non consente via di uscita e di cui abbiamo ragione solo con altre piramidi umane di quattro. Ancora qual­che metro di canalino e poi il punto più difficile di tutta l'arrampicata: un saIto di vari metri, solcato da una fessura stret­tissima, ci è dinanzi e precede la vetta. Dopo uno sguardo molto comprensivo ognuno tace e ognuno pensa, forse, che
tutto il lavoro fatto possa essere stata una fatica di Sisifo. Raccolgo le mie forze e senza parlare mi attacco alla roccia: il corpo striscia ed una mano annaspa entro la crepa. Giancola e Marsilii cer­cano di puntellarmi e di dare al corpo, con la piccozza sollevata, l'impressione di non essere per due terzi sporgente nel vuoto immane. Ma io vado su con quell a forza e con quella leggerezza caratte­ristica dei momenti supremi : un sospiro tirato a tutto fiato annuncia ai miei amici la vittoria.
Ancora un canalino a sinistra, delle cengette e poi lo spiovente delIa Spal­la che è alfine cosa nostra e che chiude degnamente le imprese accademiche suI Como Piccolo, iniziate dalla forza di un valligiano di Assergi e conchiuse dalla audacia dei valligiani di Pietracamela.
Sulla Forcella Bonacossa sostiamo a lungo nell'estasi della vittoria. La cresta O. del Como Piccolo, la cui conquista integrale era ritenuta impossi­bile, è oggi patrimonio delle nostre acqui­sizioni alpinistiche e rappresenta certo una delle massime vie di roccia. Ecco alcuni dati: circa mille metri di dislivello in tre immani salti tutti a continue diffi­coltà e richiedenti dalle sette alle otto ore di arrampicata.

mercoledì 17 novembre 2010

13 Novembre 2010 Petroso e sua Anticima Nord

Sabato abbiamo organizzato il secondo tentativo di conquista dell’anticima nord del Petroso.
Giusto per non ripetere per la quarta volta in un mese Valle di Rose abbiamo deciso di “attaccare” da Valle Iannanghera.
Il sentiero si imbocca sull’ultimo tornante della strada da Alfedena a Barrea, a 1 chilometro dalle prime case di Barrea.
La compagnia è composita: alcuni antichissimi Cavalieri (Angelo, Marco Vicentino e sottoscritto), e alcuni cadetti della Scuola Cavalieri: la Cadetta mia sorella, il Cadetto mio cugino, e un Cadetto amico mio e degli anzidetti.
I Cadetti avrebbero superato a pieni voti la prova, se non fosse che li abbiamo bocciati prima della partenza per manifesta indisciplina e inosservanza delle norme sulla divisa.
La Cadetta Sorella indossava pantaloni da sci ( “Sono pesanti!” gli avevano detto gli antichi Cavalieri) che gli hanno procurato durante la salita surriscaldamento e leggere ustioni agli arti inferiori.


Il Cadetto mio cugino esibiva una rilassata ed elegante “mise” casual, con giubbottone in pelle marrone (peso stimato di 3 kg), maglione nero, camicia beige, scarpette metropolitane travestite da trekking. Alla fine della salita questo elegante Cadetto pesava almeno 2 o 3 chili di sudore in più.


Il Cadetto amico degli anzidetti portava una giacca da sci ed ha riportato danni simili alla Cadetta Sorella.
Dal tornante si prosegue in auto su una sterrata in direzione est, per qualche centinaio di metri, fino ad un divieto di accesso. Lì, a quota 1150, ci si incammina. Un paio di chilometri in piano sul sentiero K6, quindi si piega a sinistra, entrando nella Valle Iannanghera.
Il percorso è piacevole, in una bella faggeta, costeggiando a tratti il torrente di fondo valle, e scorgendo di tanto in tanto le pareti verticali del Monte Jamiccio.
Ha solo il difetto di essere lunga, e di serbare buona parte del dislivello nell’ultima parte.
Segnaletica sovrabbondante dove non serve e carente nei punti critici. Nella prima parte del cammino si attraversa un ponte in legno. Non è mai indicato prima, ma quando già lo si intravede ecco un cartello: “PONTE”! Sulla carenza avranno molto da dire i Cadetti, come vedremo fra un po’.






Arriviamo a quota 1952 al Rifugio di Forca Resuni.









I Cadetti felici, ma nelle condizioni anzidette.
























I Cavalieri Stagionati decisi a raggiungere Petroso e sua anticima nord.
Lasciamo i Cadetti al Rifugio e raggiungiamo quella che avevo scambiato per anticima alcune settimane fa. In realtà era l’anticima dell’anticima dell’anticima.


L’ultima parte della salita, su neve a tratti ghiacciata, è un pendio ripido che ci sembra fin troppo impegnativo.
Siamo indecisi se continuare dritto per dritto, o aggirare traversando a destra (ma non sappiamo che ci aspetta dietro quello che è un apparente filo di cresta).












Traversiamo un pendio ripido, e fortunatamente dietro il “filo di cresta” rimpiana, e possiamo tranquillamente completare la salita fino all’ Anticima Nord.







A quel punto io torno indietro per raggiungere i Cadetti. Angelo e Marco proseguono, raggiungendo in breve la cima del Petroso.
Scendo di corsa. I Cadetti non sono al Rifugio, si sono incamminati. Corro per raggiungerli sul sentiero. Correndo correndo arrivo all’auto ma i Cadetti non ci sono (e il mio telefono è scarico)! Ricaricato il telefono arriva una telefonata del Cadetto Elegante…sono scesi ben oltre il sentiero, e sono sotto il paese, vicino il lago.
Li recupero con l’auto, e conveniamo tutti che sono troppo piccoli per andare da soli! Però un po’ di colpa ce l’ha anche la segnaletica del sentiero, che proprio nel punto in cui si incrociano i sentieri K6, I4 e J2, a quota 1300, si fa confusa.


Detto fra noi, e senza che lo andiate a raccontare ai Cadetti…a me era successa esattamente la stessa cosa un paio di anni fa!

Cavalier Benedetto XVI

Archivio blog